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8 Giugno 2020
Il potere di un volto

Le persone a sostegno delle marche possono renderle più umane, empatiche e comunicative

Nell’infinito panorama di aziende che concorrono su scala nazionale ed internazionale possiamo osservare marche con diverse personalità, identità e posizionamento. Ciascuna marca, se ben costruita, assume un proprio carattere, una propria personalità derivante dai diversi valori e peculiarità che questa porta con sé. La marca estroversa, quella grintosa, quella elegante, quella semplice ma genuina, quella folcloristica ma autentica e così via.
Come avviene per le persone, una marca con carattere e carisma si differenzia dalle altre riuscendo subito a farsi conoscere e, soprattutto, riconoscere.
Ogni marca deve avere un proprio io, una propria voce che sia comprensibile e il cui tono e sfumature debbano essere distintive rispetto ai concorrenti, ma che allo stesso modo forniscano delle risposte a bisogni, più o meno espressi, dei consumatori.
Per questo motivo molte aziende tentano di umanizzare la marca per renderla più comprensibile ed empatica per le persone. Non dobbiamo infatti dimenticare che ciò che avviene tra marca e consumatore non è soltanto un’interazione che avviene al momento dell’acquisto e del consumo, ma è una vera e propria relazione che va nutrita e coltivata nel tempo.

Il celebrity endorsement: il volto di un personaggio famoso come creatore di associazioni mentali immediate

Uno dei casi in cui la marca fa uso di un volto per rafforzare la sua immagine e per veicolare in maniera più rapida e chiara il suo messaggio avviene tramite la strategia della celebrity endorsement. Quando un’azienda sceglie di adottare un testimonial o un ambassador esterno per una o più campagne pubblicitarie (quindi un personaggio noto che incorpora particolari qualità e caratteristiche), il coinvolgimento di questo endorser permette un trasferimento di attributi e significati che dalla sua persona si riflettono sulla marca. La marca è come se per un momento passasse nelle mani a questo cosiddetto endorser che tramite le sue peculiari caratteristiche ne rafforza il significato, enfatizzandone particolari attributi oppure ne eleva il lusso o, per esempio, tratti distintivi della sua personalità: la grinta, l’essere all’avanguardia, la raffinatezza, l’essere fuori dagli schemi, il talento, la performance e così via.
Una strategia di comunicazione di questo tipo ha lo scopo di rendere ancora più chiara la personalità della marca verso il consumatore, rafforzandone l’immagine grazie all’immediata riconoscibilità del personaggio e alla chiarezza delle sue qualità che si riversano sulla stessa, o in maniera più limitata viene utilizzata come strategia per veicolare un messaggio. La celebrity endorsement è sicuramente una strategia d’impatto, dove la riconoscibilità del personaggio coinvolto cattura in maniera decisiva l’attenzione del consumatore; tuttavia deve essere scelto con attenzione e deve essere sfruttato nel modo più adatto per valorizzare quei determinati valori e qualità posseduti dal personaggio, riuscendo a trasferirli in maniera ottimale e immediata da quest’ultimo alla marca. Un’azienda che attua questa strategia deve, infatti, scegliere un testimonial che la rappresenti ed il legame sottile tra quest’ultimo e la marca deve essere subito comprensibile seppur indiretto ed il testimonial, dato che deve veicolare un messaggio, deve essere credibile per il consumatore.
Nella selezione del volto che l’azienda vuole utilizzare come testimonial, l’azienda può selezionare uno o più personaggi famosi che incarnano dei valori noti: un atleta, un musicista, un modello, un attore, un personaggio di spettacolo. Ad esempio ricordiamo Roger Federer, tennista numero 1 coinvolto da Barilla nelle ultime campagne pubblicitarie, incarna il successo ed il talento; George Clooney, attore per eccellenza, emblema di fascino e carisma, fu reclutato da Nespresso per la campagna “What else?” diventato una battuta di successo molto popolare tra le persone comuni. In questi due emblematici esempi, i valori del successo e del carisma vengono immediatamente riflessi sull’immagine della marca e sugli stessi prodotti: “pasta” (nel primo caso) e caffè (nel secondo caso).

In altri casi, la scelta del personaggio famoso ricade su un personaggio autorevole. Vediamo alcuni casi nel settore Food: lo chef Antonio Canavacciuolo testimonial di Voiello, lo chef Alessandro Borghese testimonial di Pasta Armando, lo Chef Davide Oldani ingaggiato da Barilla, o ancora, lo Chef Bruno Barbieri coinvolto nell’ultima campagna di Coop “Easy Coop, easy life” per rilanciare l’e-commerce e, indirettamente, grazie al testimonial, la qualità dei prodotti. Tutti esempi in cui le marche hanno fatto leva sulla competenza e sull’autorevolezza del personaggio professionista del settore per veicolare così un messaggio credibile e soprattutto da una fonte credibile, per trasmettere al consumatore l’elevata qualità del prodotto. Lo Chef Cracco allo stesso modo è stato coinvolto in una campagna pubblicitaria da Scavolini, uno dei principali produttori di cucine in Italia, e ancora l’elevato profilo del professionista culinario che nella mente del consumatore sceglie la migliore materia prima per i suoi clienti e i migliori strumenti con cui lavorare (tra cui appunto una cucina di alta qualità) rassicura così la qualità performante della cucina.

Il brand ancora più umano grazie al volto aziendale

Succede in altri casi che il volto che viene utilizzato non sia quello di un personaggio famoso, quindi coinvolto in singole campagne pubblicitarie, ma un volto continuativo e stabile, che dà voce alla vera essenza del brand: il volto del fondatore.
In Italia, il caso emblematico è quello di Giovanni Rana, fondatore dell’azienda leader mondiale nella produzione di pasta fresca con oltre 700 milioni di fatturato.
In questo caso, l’imprenditore è stato custode e guardiano della marca, portandone avanti i pilastri valoriali dalla nascita dell’azienda fino ai tempi odierni.
Infatti, la scelta di far apparire l’imprenditore nella comunicazione del brand con le sue caratteristiche genuine e semplici diede una svolta alla conoscenza della marca Giovanni Rana. Il punto di partenza avvenne tramite alcuni spot pubblicitari realizzati negli anni ‘90 in cui Giovanni Rana divenne testimonial di sé stesso. In questi spot l’imprenditore interagiva con famose celebrità, tra cui Marilyn Monroe, Rita Haywort, Humphrey Bogart, ma anche il maresciallo Stalin o Don Camillo, suscitando sorpresa e la curiosità di un vasto pubblico. L’essersi accostato, anche se nella finzione, a personaggi celebri tramite dialoghi divertenti in cui questi si interrogavano sui segreti di bontà dei prodotti Giovanni Rana, permise di elevare il prodotto ad un prodotto di eccellenza, apprezzato anche da divi di Hollywood e permise di creare attorno alla figura dell’imprenditore maggiori associazioni mentali legate all’eccellenza. La risonanza della sua esposizione in prima persona nella promozione e comunicazione del brand lo rese infatti famoso e allo stesso modo aumentò maggiormente la conoscenza della marca.

La figura dell’imprenditore in questo caso non solo si è fatta portatrice di tutta una serie di valori associati alla competenza, all’artigianalità, al know-how ma si è fatta garante di maggiore fiducia verso il consumatore, il quale ha conosciuto Giovanni Rana, non solo in quanto imprenditore e testimonial, ma anche in quanto persona affidabile, individuo che “ci ha messo la faccia” nel garantire la qualità del prodotto. Un uomo di una certa età, con un passato alle spalle nella produzione di pasta fresca, che proprio grazie alla sua capacità ha portato il piccolo laboratorio ad essere un’industria di portata internazionale.
Casi simili sono avvenuti nella rinomata catena di fast food KFC che tutt’ora porta il volto del fondatore, ossia il Colonnello Sanders, pur essendo stata venduta nel 1964 ad un gruppo di investitori per 2 milioni di dollari. Il volto del fondatore, quello di un uomo che si è fatto da solo e che con le sue mani è passato dalla cucina di un distributore di benzina ad una multinazionale con oltre 23.000 ristoranti distribuiti in 140 Paesi in tutto il mondo ha garantito al consumatore una stabilità nella sua considerazione della marca. Infatti, l’elemento continuativo della figura dell’imprenditore conferisce un segno di continuità anche nell’offerta di qualità garantita al cliente e la garanzia intangibile che il prodotto KFC rispecchi ancora quello di una volta.

Banca Mediolanum è un altro esempio del ruolo fondamentale che un fondatore-testimonial può ricoprire. Ennio Doris, fondatore, si è fatto garante dei messaggi trasmessi al pubblico rafforzando l’identità del brand basata sulla personalizzazione (“Banca Mediolanum, costruita attorno a te”) ma anche sulla fiducia e soprattutto sull’affidabilità grazie proprio alla sua presenza negli spot pubblicitari. Il ruolo rassicurante della figura del fondatore viene portato avanti con continuità dal figlio e amministratore delegato Massimo Doris e, allo stesso tempo, la sua presenza nella comunicazione è stata mantenuta grazie allo slogan finale presente in ogni spot la cui voce è ancora quella di Ennio Doris. La strategia di utilizzare il volto di Ennio Doris è stata efficace proprio perché nel settore bancario fiducia e affidabilità sono gli attributi base e immancabili che i consumatori desiderano trovare.

Perché cerchiamo una marca con sembianze umane?

Gli esempi citati ci fanno capire quanto possa essere importante far emergere la componente umana della marca, se questa è veramente credibile, rilevante e distintiva.
Vediamo sempre più marche che, in quanto vere e proprie marche, tentano di elevarsi dal singolo prodotto o servizio per creare delle associazioni mentali che possano essere forti, chiare oltre che ben distinte da quelle dei concorrenti, e nel fare questo, di supporto è spesso l’individuo, la persona che sta dietro la marca.
Se l’individuo che sta dietro la marca diviene marca, l’empatia che viene suscitata è elevata e si pone allo stesso livello comunicativo con il consumatore, che, ad esempio, riesce ad individuare nella pasta fresca di Giovanni Rana, la pasta prodotta da un immaginario nonno, da un padre, da una persona di fiducia. Non a caso, Rana ha sviluppato delle campagne pubblicitarie che sono andate ad estendere la stessa affidabilità dell’imprenditore verso i suoi dipendenti. Con la campagna “Io sono Giovanni Rana”, molti dipendenti pronunciando queste parole si si sono fatti garanti del messaggio portato avanti dallo stesso Rana: Rana è “l’uomo dei tortellini” che incorpora i valori della tradizione, artigianalità e controllo sulla genuinità, e così gli stessi valori sono portati avanti da tutte le persone dell’azienda.

Interessante è capire cosa ci spinge a cercare un volto, e soprattutto, come mai la figura umana che si fa marca ci può rassicurare.

Questa risposta può essere trovata nell’evoluzione delle dinamiche di acquisto dei consumatori ad esempio.

L’attività di acquisto del consumatore è da sempre passata attraverso la distribuzione, dalla cosiddetta fase artigianale attraverso la fase industriale verso quella post-industriale. Nella fase artigianale il luogo d’acquisto avveniva nel negozio-bottega in cui il momento dell’acquisto era caratterizzato da una relazione sociale diretta tra consumatore e venditore, dove l’ultimo si faceva portavoce e garante della qualità dei prodotti e la cui interazione era contraddistinta da elevata familiarità, fiducia e personalizzazione data dalla massiccia componente umana che vedeva il negoziante come riferimento e rappresentante dei singoli prodotti. Nella fase industriale vi è il dualismo supermercato-fabbrica: il supermercato viene creato per ridurre la distanza tra sovra-produzione e debole consumo causato dallo scarso potere d’acquisto. In questa fase viene a mancare la figura dell’artigiano-piccolo negoziante che viene invece sostituita dall’impersonalità della conformazione dei supermercati e viene caratterizzata allo stesso modo dall’impersonalità delle relazioni e dalla maggiore autonomia del consumatore nell’acquisto. È invece nella fase post-industriale che si tenta di ripristinare maggiore particolarismo all’interno di una relazione massificata, il baricentro del momento dell’acquisto si riposiziona sul tentativo di umanizzare il rapporto e, soprattutto, sul servizio e sulla relazione (tramite tecniche di fidelity e punti premio ad esempio).

Questo excursus sul mutamento dell’attività di acquisto ci fa ragionare sulla probabile mancanza della percezione del consumatore di un contatto umano durante le sue scelte d’acquisto. Certamente i consumatori di oggi sono abituati ad acquistare in maniera autonoma, poiché provvisti di molti strumenti (Internet, smartphone, tablet, ecc.) per poter raccogliere molte delle informazioni utili per la scelta, tuttavia, ciò che possiamo estrapolare dal successo di marche come Rana, KFC e Banca Mediolanum è proprio il ritorno alla possibilità di entrare in un rapporto di fiducia con la marca, che passa attraverso quell’inconscio rapporto di fiducia con il negoziante, venditore, imprenditore.
La scelta di utilizzare il volto del fondatore è chiaramente una scelta strategica che non è idonea a tutte le marche, ma sicuramente, può essere una valida strategia per rafforzare l’umanità del brand e per esprimere in maniera più credibile e distintiva la sua identità.